La Camera della moda americana starebbe studiando una formula più contemporanea. Giusto? Sbagliato? La giornalista di moda, Giusi Ferrè: «Segno dei tempi interessante, ma gli show degli stilisti restano fondamentali»
Dalle sfilate di New York Primavera/ Estate 2016. Da sinistra. Diane von Furstenberg, Victoria Beckham e Tommy Hilfiger
L’air du temps. Il mondo (della moda) che cambia. New York mette in discussione le sfilate. E pensa a show alternativi. Il Cfda,
la camera della moda americana guidata da Diane von Fürstenberg, starebbe studiando una
formula più contemporanea per presentare le
sfilate degli stilisti,rivela il Wwd, la “bibbia” della moda. La ragione? Il business. Ovvero, l’impossibilità per i fashion designer di proporre le nuove collezioni nei department store nel momento stesso in cui vengono presentate: sempre più clienti vogliono poter acquistare subito cappotti, trench, abiti visti in passerella. Senza dover aspettare l’anno successivo. Così è la (dura) legge del (fast) fashion.
«Non solo stilisti & buyers. Un po’ tutti ci stiamo lamentando delle sfilate. Specie le persone – i clienti finali – che sono davvero confusi a causa dei social media», dichiara a Wwd la stilista Diane von Fürstenberg,«La possibilità di vedere in tempo reale le immagini delle collezioni su Facebook e Instagram, ad esempio, porta le persone a volere subito abiti e accessori che non saranno nei negozi prima di sei mesi. Per questo le sfilate devono essere più vicine alle esigenze dei clienti».
«La moda precorre i tempi, e il segnale di New York fa riflettere:obbligherà tutti a un upgrade generale»
, spiega la decana delle giornaliste di moda
Giusi Ferrè. «Il fast fashion, la rete, i blogger, gli abiti delle Maison su Instagram, tutto ha portato a una gran confusione e a una voracità dei consumatori. Servono regole nuove. Ne ho parlato di recente proprio con
Giogio Armani, e ci sta ragionando sopra».
È la morte in diretta delle sfilate? Vien da pensare a un film cult di Robert Altman, “Prêt-à-Porter“, dove la moda si mostra “nuda” nell’ultima scena del film con modelle che sfilano senza abiti.
«Assolutamente no. Gli show restano fondamentali
: l’abito vive sul corpo. E gli stilisti lo sanno.
Un caso: Mariella Burani: nell’87 scelse di non fare sfilate e di affidare la collezione a
Peter Lindbergh con un filmato e la famosa “donna in bicicletta”, ispirata alle partigiane. Tutto bellissimo, ma non credo sia stata poi un successo di vendita».
Perché poi sì, by the way, la moda è business, bellezza.
Nessun commento: